Capitolo 53 La difesa

Sei mesi dopo

Primavera inoltrata 2021

Ci risiamo.

Sono di nuovo qui, nell’aula del tribunale.

È il mio turno. Salgo alla postazione, di fronte al cancelliere e alla dattilografa. A sinistra, i giudici. A destra, il pubblico ministero, il mio avvocato e gli immancabili giornalisti.

Non so chi altro si sia intrufolato.

Enzo, il mio consulente tecnico di parte, ha appena commentato di fronte al giudice la relazione che ha preparato per me, a titolo gratuito.

Un documento che oggi vale più dell’oro. Ripercorre a uno a uno i capi d’accusa, ricostruisce eventi e date, produce numeri che attestano la mia estraneità alle accuse, evidenziando le sbavature, per non dire altro, del Commissario.

Dove serve, Enzo ne difende l’operato, ma in diverse circostanze corregge i suoi postulati, distanti dall’effettivo contesto e incapaci di valutare realisticamente la mia posizione.

Attribuire responsabilità uguali a tutti gli amministratori è un giudizio sommario. Enzo contesta con prove chiare e documentate tutti i capi d’imputazione, inserendo nelle note a fondo pagina osservazioni che colpiscono con precisione chirurgica il testimone dell’accusa.

Rileva errori grossolani nel conteggio delle voci al passivo, importi verso l’erario registrati due volte in modo improprio e attribuzioni di privilegio sbagliate per alcune classi di creditori, corrette solo quando la relazione era già stata pubblicata.

Sviste? Ancora due pesi e due misure. Gli abbagli del Commissario non contano.

Enzo sottolinea ai giudici il mio ruolo prettamente operativo e difende la mia professionalità contro l’accusa di compensi inadeguati citando, come esempio, il premio vinto alla Fenice.

La contestazione relativa ai miei compensi – considerati una distrazione – mi ha sempre sconcertato.

Seduto al banco degli imputati, col fiato corto, spiego al giudice che, sin dal primo giorno, venticinque anni prima, ho lavorato in azienda con un impegno tale da giustificare pienamente la mia retribuzione.

Apprendere dall’avviso di garanzia che i miei compensi venivano equiparati a una distrazione, è stato una totale e amara sorpresa.

Non solo. Per un lunghissimo periodo le mie retribuzioni erano state sommate a quelle di altri membri del consiglio d’amministrazione, generando un totale assolutamente fuorviante.

Di mia spontanea volontà, pur di aiutare la società, io non avevo esitato a dare in garanzia la mia unica casa per sbloccare il conto sequestrato, come il Commissario stesso ben sapeva. Ciononostante, proprio lui ora mi accusava di aver sottratto risorse all’azienda.

In aula la voce mi trema per la commozione mentre racconto l’angoscia di quel momento, e la vergogna nel raccontare alla mia famiglia il grave rischio cui la stavo esponendo con un sacrificio di cui oggi non si voleva tener conto.

Ripassiamo uno dopo l’altro i capi d’accusa, mentre presento la mia difesa, dalla mia nomina ad amministratore delegato sino al fallimento.

Chiarisco di aver depurato il bilancio da errori e incongruenze, con il supporto di consulenti esperti e con la revisione accurata di tutte le voci in bilancio, facendo così emergere il dissesto che ha portato alle gravi accuse nei miei confronti.

Signor giudice, io vi ho chiamati.

Io ho chiesto l’intervento del tribunale per avviare il concordato. Io ho corretto i bilanci perché emergessero gli errori.

Io e nessun altro.

Mi dichiaro innocente.

Questo sito è registrato su wpml.org come sito di sviluppo. Passa a un sito di produzione con la chiave remove this banner.